Per mesoelementi si intendono quegli elementi nutritivi indispensabili per le piante, per alcune classificazioni dei nutrienti considerati comunque parte della categoria dei macroelementi, i quali in senso stretto (azoto, fosforo e potassio) sono però presenti in concentrazioni superiori all’interno dei tessuti vegetali: in ogni caso i mesoelementi sono assorbiti dalle piante in quantità da 10 a 1000 volte superiori rispetto ai microelementi.


Essi sono il calcio, il magnesio e lo zolfo.


Sono assorbiti dalle piante coltivate in quantità oscillanti fra i 20 ed i 40 kg/ha, anche 60 per certe colture.
Un aspetto da tenere presente è che in molte specie coltivate è maggiore la concentrazione nei tessuti richiesta di magnesio o, soprattutto, di calcio rispetto a quella del fosforo (vedi grafico): ciò nonostante la convenzione riserva al fosforo la definizione di macroelemento ed agli altri quella di mesoelemento.
Il calcio è un elemento nutritivo che, se rappresentato nei frutti nella adeguata concentrazione e con una buona omogeneità, ne assicura la conservabilità e qualità; nelle foglie e nel fusto un buon contenuto di calcio conferisce una maggiore resistenza meccanica alle cellule ed ai tessuti e di conseguenza garantisce una minore suscettibilità alle lesioni di natura biotica o abiotica; in particolare si è evidenziato che l’irrobustimento delle pareti cellulari con il calcio rende gli organi meno suscettibili alle aggressioni di funghi e batteri.


La carenza


Le piante carenti di calcio si connotano per problemi di natura meccanica nei loro tessuti: quindi si riscontra una maggiore fragilità cellulare, una predisposizione per la formazione di fessurazioni nel fusto, ma soprattutto nei frutti. Nei frutti queste carenze originano delle lesioni tipiche, con punti o aree più estese di deterioramento delle cellule, che in genere sono localizzate nella parte apicale del frutto: si parla di butteratura amara nel melo, oppure di marciume apicale nelle solanacee, in particolare nel pomodoro. Queste manifestazioni sono più evidenti nelle piante caratterizzate da maggiore rigoglio vegetativo in quanto in queste il richiamo esercitato dagli organi in accrescimento è massimo limitando il calcio disponibile per il frutto. Altra caratteristica tipica della carenza di calcio è che questa è più vistosa nei frutti di grossa dimensione: ciò dipende dal fatto che nel frutto di maggiore pezzatura si diluisce maggiormente il calcio assorbito nelle prime fasi, creando una concentrazione inferiore nei frutti voluminosi rispetto ai più piccoli.


Ora una breve rassegna dei riflessi della carenza di calcio su alcune colture orticole.

  1. nelle patate le foglie giovani assumono una conformazione curva e ripiegata verso il basso, come un artiglio, con necrosi marginali di colore bruno o violaceo; nella polpa dei tuberi cresciuti in condizione di calcio-carenza, anche senza manifestazioni visibili sulle foglie, si evidenziano chiazze rugginose;
  2. i legumi cresciuti in condizioni di carenza di calcio presentano clorosi prima e poi necrosi soprattutto sulle foglie più giovani; sia nei fagioli che nei piselli i baccelli si spaccano;
  3. i cavolfiori possono assorbire poco calcio anche se l’elemento è ben presente se la elevata umidità limita molto la traspirazione e con essa la traslocazione del calcio verso gli organi epigei nei momenti di forte sviluppo. In questo caso le nervature delle foglie giovani diventano marroni con necrosi apicali e marginali; la testa del cavolfiore, quando ha un diametro di 3-4 cm, diventa vetrosa e può marcire; la necrosi delle foglie interne si manifesta in modo grave soprattutto quando la umidità relativa è costantemente al 95%, mentre si riduce molto quando l’umidità viene fatta oscillare fra 40% e 95%;
  4.  nei cavolini di Bruxelles in calcio-carenza si manifesta un imbrunimento interno che può essere evidente solo su alcuni singoli germogli ma sta comunque a testimoniare che tutta la produzione presenta una qualità ridotta; su indivia la sintomatologia è analoga e viene definita “cuore bruno”;
  5. i cetrioli cresciuti in condizioni di carenza di calcio presentano le foglie più giovani biancastre e traslucide, con clorosi internervale; le foglie vecchie si curvano verso il basso, con imbrunimenti ai margini; i frutti sono piccoli, grinzosi e di sapore sgradevole;
  6. la lattuga in calcio-carenza si caratterizza per una crescita stentata, con una conformazione della pianta a rosetta; le cellule della epidermide e del mesofillo fogliare collassano a causa della ipertrofia delle cellule del parenchima; gradatamente le macchie si allargano e si uniscono tra loro, fino alla morte delle foglie; a volte i sintomi di disseccamento dei margini fogliari si manifestano soprattutto in post raccolta, con gravi danni per i commercianti;
  7. la carota e la pastinaca con scarsa dotazione di calcio presentano cavità nella radice; si tratta di macchie irregolari depresse situate sotto la epidermide della radice che si manifestano soprattutto in terreni a tessitura leggera in cui una elevata dotazione di potassio va a ridurre l’assorbimento del calcio; l’epidermide poi va a collassare, lasciando lesioni depresse che possono in seguito marcire; si limitano i danni con una nutrizione più bilanciata ed eventualmente raccogliendo in modo anticipato, prevenendo la comparsa dei danni;
  8. su pomodoro il sintomo più noto della carenza di calcio è il marciume apicale, che si manifesta soprattutto nelle varietà con frutti a forma allungata, a causa della insufficiente traslocazione e quindi concentrazione del calcio nella zona distale del frutto; si possono riscontrare sintomi simili anche sui frutti di peperone e di anguria; oltre ai sintomi sui frutti, nel pomodoro si evidenziano nelle foglie giovani deformazioni e colorazioni anomale, gialle, marroni o viola, a partire dai margini che poi necrotizzano; la lamina fogliare si incurva verso il basso; i peduncoli delle foglie, gli apici vegetativi ed i fiori possono disseccarsi e morire;


Eccesso


Una dotazione elevata di calcio nelle colture non crea mai manifestazioni evidenti di tossicità, probabilmente per la capacità delle piante di contingentare il calcio nei vacuoli cellulari, isolandolo e togliendolo dal metabolismo e dalla fisiologia della pianta. Quello che si verifica abbastanza frequentemente è che una eccessiva dotazione di calcio nel suolo crei uno squilibrio nel paniere di cationi assorbiti dalle radici, creando, ad esempio, una carenza indotta di magnesio o potassio nella coltura.


In natura


Il calcio, dopo il ferro e l’alluminio, è il metallo più diffuso sulla crosta terrestre, sotto forma di carbonati, fosfati, solfati, fluoruri, ecc.
Nei terreni agrari il calcio si trova prevalentemente sotto forma di carbonati, soprattutto nei terreni calcarei, dolomitici e marnosi, oppure è presente sotto forma di solfati nei terreni gessosi.
Il contenuto di calcio nel suolo è molto variabile: a fronte di un valore medio di 0,1-0,5%, si riscontrano valori assai più alti nei suoli calcarei o gessosi, oppure molto inferiori nei terreni soggetti a dilavamento.


Il movimento del calcio lungo il profilo coltivato è molto connesso con la circolazione idrica: si può accumulare negli orizzonti profondi a causa della solubilizzazione delle acque carbonicate, oppure nelle zone aride si può concentrare in superficie con la risalita capillare.
Gli ioni Ca2+ liberati nella soluzione circolante vengono trattenuti dal complesso di scambio, dove rappresentano anche più dell’80% della CSC; l’eccezione è costituita dai suoli molto acidi, dove prevalgono gli ioni H+ e Al3+.


Nei suoli calcarei, abbastanza diffusi nella nostra penisola, la principale fonte di calcio è ovviamente il carbonato di calcio, che è poco solubile, ma viene trasformato in bicarbonato di calcio, molto solubile, dall’acqua carbonicata. L’entità, in termini di velocità e peso di questa trasformazione, è molto correlata alla finezza del calcare: è per questo motivo che nelle analisi del terreno si parla di calcare attivo, che è quello caratterizzato dalle particelle più fini.
Il calcio viene assorbito dalle radici come ione Ca2+, con assorbimento non selettivo, veicolato dal flusso d’acqua e quindi richiamato dalla traspirazione delle piante.


Nelle piante


Le funzioni del calcio nelle piante sono prevalentemente collegate con la resistenza meccanica dei tessuti vegetali, in quanto i pectati di calcio svolgono una azione di sostegno e di rinforzo delle lamelle mediane delle membrane cellulari.
Oltre a ciò, il calcio esercita la funzione di attivatore di alcuni enzimi, regola la traslocazione dei carboidrati e svolge una attività di compensazione ed equilibrio rispetto agli altri cationi assorbiti e cioè sodio, potassio, ammonio e magnesio.
Viene accumulato nelle piante nei vacuoli cellulari, costituendo depositi di ossalati, carbonati, fosfati e, nei semi, come fitina.
Come valore medio di calcio nei tessuti vegetali si considera lo 0,5%.


Colture


La richiesta di calcio da parte delle colture può essere rilevante, ma in media si va dai 20 ai 45 kg per ettaro.. Il tenore in calcio della lamina fogliare oscilla in genere fra l’1% e il 3%: molto più elevato nel pomodoro, dove raggiunge facilmente anche il 6-7%.
Il calcio, a differenza di potassio e magnesio che sono gli altri cationi indispensabili per la nutrizione delle piante, viene trasportato essenzialmente nei vasi xilematici, quindi con la linfa ascendente, mentre il trasporto nei vasi floematici, con la linfa discendente, è pressoché nullo.
Da ciò consegue che il calcio viene attirato soprattutto dagli organi in attiva traspirazione, che sono essenzialmente i germogli e le foglie giovani o comunque non senescenti: il frutto esercita un certo richiamo verso il calcio solo nelle prime fasi di crescita, quando presenta ancora delle aperture stomatiche attive.
Evidente nella tabella 1 la vistosa differenza della concentrazione del calcio tra le foglie ed il frutto di peperoncino (30 a 1); per il magnesio il rapporto è 7 a 1, mentre per il potassio è invertito ed è pari a 0,65 a 1.


Apporti


La via naturale per cui un terreno si arricchisce di calcio è legata al ritorno al suolo dei residui vegetali, che contengono una percentuale più o meno elevata di calcio a seconda della specie e della capacità di esplorare il profilo.
Grossi apporti di calcio legati alla coltivazione sono quelli connessi alle pratiche di correzione dei suoli come la calcitazione (apporto di calce o carbonato di calcio nei terreni acidi per alzare il pH) oppure la gessatura (apporto di gesso, solfato di calcio, per ridurre la sodicità dei terreni).
In molti comprensori le acque irrigue sono ricche di calcare e quindi anche con l’irrigazione si effettuano significativi apporti di calcio.
Altre fonti di calcio sono ovviamente i fertilizzanti, che possono apportare calcio in modo esplicito, come componente del concime, oppure come additivi, ad esempio anti impaccanti, come il silicato di calcio o la dolomite (carbonato di calcio e magnesio).
I principali asporti di calcio dipendono dall’assorbimento da parte delle colture.
Le perdite di calcio per dilavamento possono essere rilevanti solo in particolari condizioni: terreno con tessitura grossolana, bassa capacità di scambio cationica, suoli ricchi di minerali di calcio come il gesso o la calcite.


Concimazione


Oltre al già citato esempio delle correzioni del suolo con le calcitazioni o gli apporti di gesso, il calcio viene frequentemente inserito nei piani di concimazione delle nostre colture, in particolare per le piante da frutto.
Prima di parlare di fertilizzanti a base di calcio è bene segnalare che dove si fa uso per l’irrigazione e la fertirrigazione di acqua calcarea, bisogna considerare che essa presenta un rilevante contenuto in calcio e quindi tenere conto che se si irriga una coltura che presenta elevate esigenze idriche con un’acqua ricca di calcare soddisfiamo in buona parte anche il fabbisogno in calcio della coltura.


Uno dei concimi principalmente utilizzati per via radicale è il nitrato di calcio che può essere distribuito in forma granulare con lo spandiconcime ma, essendo molto solubile, viene inserito, con formulazioni idonee, anche nei piani di fertirrigazione. Il nitrato di calcio è una combinazione molto interessante ai fini dell’assorbimento del calcio da parte della pianta in quanto il calcio non è in competizione con altri cationi, per cui le radici sono indotte ad assorbire proprio quell’elemento nutritivo. L’aspetto negativo del fertilizzante può essere la componente azotata che stimola e favorisce l’accrescimento degli apici vegetativi che esercitano un forte richiamo per il calcio assorbito distogliendolo dai frutti; perché si abbia un efficace accumulo nei frutti è bene che la distribuzione al suolo sia effettuata a partire dalle prime fasi di sviluppo del frutto, quando lo stesso presenta gli stomi e quindi la sua attiva traspirazione gli consente di essere un punto di approdo per il calcio assorbito dalle radici.
Molto utilizzata per la somministrazione di calcio è la concimazione fogliare. Con questa modalità si riesce ad ovviare a tutte le problematiche che incontra l’assorbimento del calcio da parte delle radici ed il suo indirizzo verso i frutti. Sono necessari prodotti che siano ben assorbiti dagli organi epigei e non diano problematiche di fitotossicità. Si possono utilizzare prodotti opportunamente formulati a base di sali come il cloruro di calcio o il nitrato di calcio, con i quali si deve però porre attenzione ai dosaggi ed ai momenti di distribuzione per evitare fitotossicità; prodotti complessati con ligninosulfonati  oppure con amminoacidi, che agevolano l’assorbimento del calcio da parte delle foglie e dei frutti; prodotti chelati con gli agenti chelanti (DTPA generalmente) che proteggono il calcio da legami con elementi a carica negativa e ne favoriscono l’assorbimento delle parti aeree.

 

 

 

Tip burn, carenza di calcio su insalata

marciume apicale del pomodoro dovuto a carenza di calcio